CHI NON MUORE SI RITROVA

Riceviamo e pubblichiamo:

Chi non muore si ritrova, considerazioni in merito all’operazione “Ritrovo”

Intorno alle due di notte di mercoledì 13 maggio 2020, i Ros di Bologna, Firenze e Fidenza insieme a 200 carabinieri irrompono nella vita di 12 anarchiche e anarchici. Il gip Panza, su richiesta del pm Dambruoso, ne dispone per sette l’arresto  e per cinque l’obbligo di dimora con rientro notturno (per quattro di questi anche la firma quotidiana). Un copione che conosciamo bene e che grazie alle dichiarazioni della procura, che ci rivelano la natura “preventiva” degli arresti, rende a chiunque ancora più esplicito il messaggio lanciato: sia ben chiaro a chi spera che la crisi apra la possibilità di dare uno scossone agli attuali rapporti sociali che lo Stato non cambia. Le accuse sono associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico, avente per reati scopo l’istigazione a delinquere, il compimento di alcuni danneggiamenti e un incendio.

270 bis: associazione con finalità di terrorismo

Sebbene in fase di riesame l’accusa sia stata ritenuta inappropriata dal tribunale delle libertà, azzardiamo qualche parola in merito visto che su di essa, e il suo avvallamento da parte del gip Panza si sono rette le misure cautelari.
Anche in quest’operazione, denominata “Ritrovo”, al centro delle accuse stanno le lotte. Due in particolare: quella contro i CPR e quella contro il carcere – fosse questo destinato a compagni e compagne o meno. Lo Stato parla chiaro: terrorista è chi  esprime solidarietà, chi lotta, chi non tiene la bocca chiusa, chi manifesta aperta approvazione verso l’azione diretta e le forme di opposizione radicali – anche illegali – alle strategie della repressione e dello sfruttamento. Non solo, una ricorrenza che si ritrova anche in altre recenti operazioni repressive è l’utilizzo del reato di istigazione a delinquere come collante dell’ipotesi associativa: la parola, di questi tempi, fa paura e lo Stato si muove ormai con modalità da regime. Accade da un po’ e ci aspettiamo accadrà ancora.
Almeno in potenza, dicono le carte, la “cellula” di Bologna aveva la capacità di attivare azioni piccole ma replicabili su scala nazionale da gruppi ad essa simili. Gruppi con cui la suddetta “cellula” era in contatto: una ramificazione capace di “costringere i poteri pubblici a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto”.
La nostra posizione in merito è semplice: se portare solidarietà a chi si rivolta e schierarsi contro le ingiustizie è terrorismo, allora siamo tutti e tutte terroristi. Ben lieti di accettar l’accusa se in questo mondo terrorista è chi non chiude la bocca e sceglie di attaccare. Attaccare quelle stesse istituzioni che sulla paura fondano il governo dei popoli. A riguardo potremmo parlare di guerre, bombe nelle piazze, morti in mare e manganellate, ma a che serve? Gli ultimi tre mesi non sono forse bastati a farci capire di quanta paura ha bisogno lo Stato per governarci? La paura dei controlli, la paura dell’arbitrio delle forze dell’ordine, dell’“abuso di potere”, la paura dell’ammalarsi e del far ammalare, costretti a doversi recare a lavorare per forza e a non potersi curare adeguatamente a fronte dello smantellamento della sanità. Una paura che si fa sempre più terrore se pensiamo agli arresti degli scioperanti e alle quattordici morti nelle carceri.
Le gestione delle crisi da Covid-19 ha rivelato in maniera lampante quali siano le vite più sacrificabili per il potere in un regime di produzione tecnodigitale come ad esempio anziani e disabili nelle case di riposo o case per disabili; piuttosto che le persone detenute, corpi criminalizzati nelle carceri e nei Cpr.
Una parte sempre più ampia della popolazione subisce un livello di violenza sempre maggiore e reagire è presto detto terrorismo.

Istigazione a delinquere

Oggi, l’accusa di istigazione a delinquere esplicita una contraddizione evidente, l’ingiustizia e l’arbitrio su cui il potere si fonda. Perché l’istigazione si verifichi – afferma il pm Dambruoso – è necessario un contesto adeguato e recettivo; perché non si perseguano le idee, è necessario, come in questo caso, che l’ambiente economico-sociale sia adeguato a recepire l’istigazione all’atto illecito. Il senso è: quello che ieri non era istigazione oggi lo diventa perché i tempi sono cambiati. Di cos’altro c’è bisogno per capire che il codice penale non è altro che uno strumento per il mantenimento della disparità di classe, finalizzato alla sola tutela della classe dirigente che, a seconda dell’aria che tira, rischia oggi di vedersi volar via il cappello e domani la testa?
È in quest’ottica che la “strategica valenza preventiva” assume tutto il suo senso. In un momento come questo un’operazione che tolga di torno dodici teste pensanti, dodici cuori liberi, fa assai comodo, perché – l’hanno detto loro stessi – la crisi incalza e i tempi a venire saranno bui per chi siede sul trono. Le sei misure cautelari rimaste (obblighi di dimora con rientro notturno) infatti riguardano proprio il reato di istigazione.
Permetteteci però una breve parentesi su questa “preventività”. La prima richiesta delle misure cautelari, inizialmente respinta dal gip, risale al luglio 2019, la seconda e accettata ci parla invece del 6 marzo 2020, alla vigilia delle rivolte nelle carceri. L’operazione era pronta a dispiegarsi da un bel pezzo e la “strategica valenza preventiva” si aggiunge, assieme a qualche recente segnalazione circa i presidi sotto il carcere della Dozza, a un malloppo già denso.
Agitatori, fomentatori, sobillatori, propagandisti, questo anarchici e anarchiche lo sono da sempre. Una cosa però ci sentiamo di dover chiarire: gli anarchici e le anarchiche non dicono a nessuno di fare per loro conto qualcosa. Essi difendono quello che ritengono essere giusto, agiscono in prima persona, da soli o con altre persone, ma mai si pongono al di sopra degli altri, pronti a plasmarne i comportamenti e l’agire. Questa è una strategia propria della politica e noi nella politica non crediamo, crediamo nell’azione diretta, nelle sue mille forme, che sono della politica l’esatto opposto.
Non si tratta di rispedire al mittente le accuse, né tanto meno capire se anarchismo e istigazione vadano di pari passo (una diatriba che lasciamo volentieri agli avvocati), ci preme semmai interrogarci su quale siano le cause profonde della rivolta. La rivolta secondo qualcuno sta nelle parole istigatrici del sobillatore, nelle insinuazioni del folle, che avrebbero la capacità di incrinare questo migliore dei mondi possibili. Secondo costoro se fuori dalle mura di carceri e CPR fossero mancate le presenze solidali le rivolte all’interno non si sarebbero verificate. Come ben sappiamo le rivolte in certi luoghi abbondano, anche senza che ci siano presenze solidali là fuori a far da cassa di risonanza. Questo perché la presa di coscienza della miseria in cui si vive, l’individuazione del nemico e la necessità di agire non sono certo determinate da discorsi istigatori, quanto piuttosto dalle angherie subite e dalle ingiustizie non più sopportabili.
È d’abitudine nei CPR da anni, è stato così nelle carceri nel marzo 2020 e lo è in questi giorni negli Stati Uniti, dove all’ennesimo sopruso, all’ennesimo omicidio di una persona nera compiuto da poliziotti bianchi, parte della popolazione è insorta. La rabbia negli Stati Uniti lo dice forte e chiaro: non sono necessari gli anarchici che istigano, lo schifo di questo mondo è di per sé sufficiente.
Eretici, socialisti, autonomi, anarchici, antifa… di categorie con cui i governi hanno  cercato, da sempre, di mistificare il fenomeno dell’opposizione radicale, pur di non affermarne le radici profonde, non se n’è mai fatta parsimonia. La verità, però, è che il seme della rivolta sta in un terreno fatto di sfruttamento, controllo, repressione, razzismo, ingiustizia e, sempre più, gratuita prevaricazione. Non c’è da stupirsi se un giorno decidesse di germogliare anche qui, anche nel più completo e assordante silenzio di voci oppositive. Statene certi, accadrà.
Lo si è visto durante i mesi di quarantena. Mentre fuori il governo della paura ammansiva la popolazione, dentro le carceri questa stessa paura è diventata ingestibile per chi su di essa ha sempre costruito il proprio potere. Già dal 26 febbraio, Roberto Ragazzi, dirigente del Dipartimento di Medicina Penitenziaria dell’Ausl di Bologna, ordinava ai suoi operatori di non indossare mascherine nel reclusorio al fine di non allarmare la popolazione detenuta.
Il 9 marzo, messi all’angolo ed esasperati, i detenuti decidono che la paura loro imposta è divenuta oramai insopportabile, la situazione sfugge dalle  mani delle istituzioni penitenziarie e alla Dozza esplode una rivolta, sulla scia delle altre che si accendono nelle prigioni lungo la penisola.
Chi può, di fronte a ciò, ancora pensare che la rivolta sia di fatto il prodotto della cospirazione o di qualche isolato contestatore? Istigano gli anarchici o è l’invivibilità di una vita fondata su paura e terrore la prima fonte di istigazione?

Azioni e sabotaggi

Tutto parte da qui, o almeno così dicono, anche perché intercettazioni ambientali e telefoniche erano già attive da tempo, almeno dal 2016, dalla bomba messa alla caserma di Corticella. Tutto comunque partirebbe da una notte del dicembre 2018, quando fu dato fuoco a un’antenna sui colli bolognesi. I ponti radio di Santa Liberata erano in uso a radio e televisioni locali, nonché a forze dell’ordine (rete interforze) e a non meglio precisate ditte coinvolte in sorveglianza audio-video. Quella sera alcune reti televisive si trovano oscurate e la Guardia di Finanza subisce un’interruzione momentanea delle sue comunicazioni radiofoniche. “Spegnere le antenne, risvegliare le coscienze, solidali con gli anarchici detenuti e sorvegliati” questa la scritta lasciata nei pressi. Era questa una delle tante azioni che in Italia ed Europa si verificano ai danni dell’infrastruttura fisica del mondo immateriale.
Durante il periodo febbraio-aprile 2019, contestualmente a manifestazioni di piazza, ma non solo, si verificavano poi imbrattamenti e danneggiamenti alle filiali delle banche BPER e BPM, entrambe coinvolte nella proprietà della struttura del CPR di Modena in previsione d’apertura, oltre che contro telecamere, monumenti nazionalisti e una caserma dei carabinieri. Che dire, quando ai responsabili di ingiustizie ed oppressione tocca un po’ dell’amaro che ci fanno ingoiare ogni giorno non riusciamo a non rallegrarcene. Certe azioni, seppur piccole, hanno tutto un loro senso per noi. Il nostro criterio di giustizia non è dato da un codice che non abbiamo mai sottoscritto, ma dalla non casualità di queste azioni e dal significato dell’obiettivo che scelgono.
Che provino pure a tapparci la bocca a suon di denunce, colpire chi sfrutta e reprime è giusto e questo è un fatto.

Solidarietà

Affrontare la repressione significa cercare di trasformare la merda in fiori.
Le dimensioni della solidarietà ricevuta sono state una bella sorpresa. Non solo “militanti ed attivisti”, ma anche molte persone che nessuno avrebbe immaginato poter prendere le difese di una “banda di anarchici”. In ciò hanno sicuramente avuto un peso non indifferente le amicizie, le conoscenze, gli incontri e le persone che segnano la quotidianità, la vita di tutti i giorni insomma. Con ciò non vogliamo affermare che il “radicamento sociale” sia la ricetta contro la repressione, anche perché una sua precisa definizione risulta piuttosto difficile, né i percorsi di anarchici e anarchiche debbono prevederlo di necessità. Tuttavia ciò è stato in questa specifica situazione un dato che ci sentiamo di dover riportare.
Questa solidarietà ricevuta non è casuale, così come non lo è il fatto che dopo mesi di reclusione domiciliare, paura e angherie poliziesche, qualche persona abbia pensato che quest’ulteriore svolta repressiva, destinata a chi negli ultimi tempi aveva chiaramente fatto voce contraria all’andazzo securitario, fosse davvero troppo.I vecchi rapporti sociali sono mutati in peggio per gli sfruttati e devono essere repentinamente normalizzati; forse c’è chi non se l’è sentita di abbassare la testa, anche solo di fronte alle affermazione inerenti la “strategica valenza preventiva”, come se i propri amici e conoscenti fossero un virus da debellare, gente scomoda di cui sbarazzarsi a prescindere.
Ad essere sinceri, però, va rilevato un fatto, di cui siamo consapevoli e su cui è necessario riflettere per quel che sarà il futuro: la debolezza dell’ipotesi accusatoria è stata sicuramente un fattore importante di mobilitazione della solidarietà, soprattutto da parte di persone lontane dalle lotte. Essa ha sicuramente contribuito a far nascere l’idea di un’ingiustizia da regime che andava compiendosi. La situazione contingente ha fatto gioco, lo riconosciamo. Sappiamo pure, però, che la solidarietà dev’essere rivoluzionaria, sempre a fianco di chi lotta contro Stato e padroni e non condizionata dalle accuse mosse. Dobbiamo avere l’onestà di leggere i contesti, ma pure la coerenza di rimanere fedeli alle nostre convinzioni anche nei momenti più duri, cercando di dimostrare una solidarietà forte e decisa anche quando la repressione colpisce più forte. Proprio per questo non ci siamo mai permessi di parlare di “montature”, né mai si è scelto – come giusto che fosse – un discorso innocentista, anche di fronte all’allargamento della solidarietà, cercando di continuare a portare discorsi radicali a più orecchie possibili. “Spegnere le antenne, risvegliare le coscienze”, così si apriva il corteo del 30 maggio, una dichiarazione di come l’azione diretta, il sabotaggio e le pratiche di attacco a strutture e servi di questo sistema siano giuste.
La prima risposta di fronte a tutto questo è stata quella di tornare nelle strade, come prima, più di prima, nonostante la paura e i divieti, per esprimere ciò che per noi è solidarietà: le pratiche.
La repressione quando sequestra compagni e compagne alle lotte, ha per scopo il limitarci materialmente togliendoci forze e spaventandoci. Bisogna essere coscienti che i nostri percorsi prevedono la possibilità che lo Stato prima o poi bussi alle nostre porte, bisogna prepararsi all’eventualità che la repressione arrivi e in quel momento mantenere la lucidità, per non farsi affossare e – sarà banale, ma – rispondere rilanciando le lotte, per non dichiarare la resa. Proprio quando è la solidarietà ad essere attaccata – come in questo caso – e proprio quando le sue reti sono messe in discussione,occorre far della repressione condizione e opportunità di rafforzamento e rilancio. Nella difficoltà comune essa può divenire opportunità e condizione per conoscersi, capirsi e organizzarsi meglio, rafforzarsi e rendere la solidarietà un’arma.
Il periodo che stiamo vivendo dimostra che lo Stato ha imboccato una strada chiara e significativa, abbiamo ben compreso che i prossimi mesi e anni saranno delicati e tesi.
Più consapevoli e più forti di prima, ci ritroveremo nelle strade.

«E dite, dite! Che cosa sareste voi
senza dio, senza re, senza padroni,
senza ceppi, senza lacrime?
— Il finimondo!»

“Matricolati!”,Cronaca sovversiva, 26 maggio 1917

Anarchici e anarchiche di Bologna

*Poco prima della stesura definitiva del testo ci è giunta la notizia dell’ennesima operazione repressiva che ha colpito 7 tra compagni e compagne, 5 in carcere e 2 ai domiciliari, messa in campo dalla Procura di Roma. Le notizie sono ancora un po’ frammentarie, ravvisiamo però diverse similitudini con quella bolognese. A condurla sono anche qui i Ros, le accuse sono di 270bis (per le persone in carcere) più numerosi fatti specifici, tra cui attentato con finalità di terrorismo, incendio e istigazione a delinquere, diversi episodi riguarderebbero azioni in solidarietà con prigionieri e prigioniere. L’abbiamo detto, lo Stato mostra i muscoli in un momento storico che si preannuncia denso di possibili tensioni. La solidarietà è fondamentale e la ribadiamo senza se e senza ma nei confronti dei compagni e delle compagne colpiti a Roma.

Repatriaciòn ya!

Condividiamo anche sul blog per quantx hanno scelto giustamente di boicottare facebook.

Dalla Rete internazionale in difesa del popolo mapuche. Milano – Roma – Bari.

 


Mari mari kom pu che!

Come Rete Internazionale in difesa del popolo mapuche, di Milano, Roma e Bari vogliamo ringraziare tutte le realtà e i collettivi che hanno aderito alla petizione per il rimpatrio del compagno FACUNDO HUALA, prigioniero politico mapuche.
Scusandoci per l’utilizzo della parola “rimpatrio “che la stessa comunità non gradisce ma che è il termine legale per procedere a questa richiesta a causa dell’attuale emergenza Covid19 al interno delle diverse carceri cilene e alla distanza geografica che impedisce le visite e la comunicazione con la propria famiglia e comunità.

FACUNDO sta scontando 9 anni di condanna , di cui in pochi giorni , il prossimo 27 giugno saranno già 3 anni di prigione politica per la lotta che ha portato avanti a fianco la sua comunità mapuche di Cushamen contro l’occupazione capitalista della multinazionale italiana BENETTON.
Per cui, invitiamo a tuttx voi a poter esprimere quel giorno, un saluto, un gesto o azione di solidarietà per abbracciare FACUNDO dalla distanza, per esigere la sua LIBERTÀ e per fargli sapere che non è da solo dietro quelle fredde sbarre dell’oppressione carceraria alla fine del mondo.

Come Rete in difesa del popolo mapuche, stiamo sempre attentx e presenti alla sua situazione giudiziale e alla sua condizione carceraria .
Siamo riusciti da qui a organizzare l’acquisto e la consegna di pacchi alimentari per FACUNDO nel carcere di Temuco, Cile , a causa delle complicazioni per la situazione Covid19, si trova dal mese di Febbraio senza visite dovuto a che la sua compagna si trova bloccata senza poter viaggiare nel Puelmapu (Argentina) e il nostro compagno mapuche FACUNDO non può contare sulle risorse economiche per provedere alle sue esigenze alimentari e personali.

FACUNDO ci saluta…vi saluta…e ringrazia a ogni uno/a di voi compagnx per la solidarietà internazionalista, anticarceraria e rivoluzionaria e ci invita a non mollare sopratutto in questi tempi di pandemia capitalista, a mantenerci forti e in piedi.

Questa è la nostra adesione con le vostre firme per il rimpatrio del compagno mapuche FACUNDO HUALA!
https://mapucheit.wordpress.com/…/chiamata-di-solidarieta-…/

“Voi sapete quello che dovete fare. Il Winka capitalista e il suo potere è il nostro nemico. Con il nemico non si discute. Il nemico si distrugge.”

FUORI BENETTON DEL TERRITORIO MAPUCHE !
TERRA, NEWEN e LIBERTÀ!

Rete internazionale in difesa del popolo mapuche.
Milano –Roma – Bari
https://mapucheit.wordpress.com/

Marichiweu Libertà Per Facundo Huala è un brano dell’EP “Una Canzone Per Santiago”, un progetto autoprodotto dalle Brigate Poeti Rivoluzionari & Rete Internazionale Per La Difesa Del Popolo Mapuche registrato e masterizzato in “The Ravellines Studios”, a sostegno della resistenza e della lotta anticapitalista del Popolo Mapuche.
Testi & musiche: Pippo Marzulli – Nico Losito
Hanno contribuito alla realizzazione del brano:
Claudia Iacobone: flauto – Nico Losito: chitarra – voce – Raffaella Maria Barbara Direnzo: voce – Dario Nitti: percussioni – Antonio Mirenghi: ukulele – Pippo Marzulli: voce

Marrichiweu
(sulle dichiarazioni di Facundo Huala & ai weichafe della R.A.M.)

La verità mi sta cucita sulla labbra!
Come potrei tradire la mia voce?
Come potrei dirvi di non resistere?
Come potrei non dirvi
d’essere orgogliosamente Mapuche fino alla vittoria?
Quand’anche le Ande fossero rase al suolo
e le macerie disperse come arena nell’oceano
potrebbe il condor smettere di volteggiare rapace sul nostro capo?
Potrebbe il guanaco divenire predatore
o il puma divenire preda
in un perverso gioco di ruolo di cui il wingka è maestro?
Non m’importa d’essere in prigione,
in questa terra continuerà a nascere sangue Mapuche.

La verità mi sta cucita sulle labbra!
Alziamoci fratelli,
alziamoci sorelle,
alziamoci figli e figlie della terra,
alziamoci e andiamo al fiume
per bere l’acqua e per pescare,
andiamo al fiume per lottare.
In queste finte democrazie
se vuoi vivere devi lottare
e anche se diverrò desaparecido
il mio spirito non smetterà di lottare.

Alziamoci fratelli,
alziamoci sorelle,
alziamoci figli e figlie della terra,
alziamoci e andiamo nei boschi,
alziamoci e andiamo nei boschi per lottare.
I cavalli voleranno leggeri
se il tuo cuore sarà come nuvola,
la fionda sarà più potente
e la pietra sarà più precisa
se griderai marrichiweu, marrichiweu, marrichiweu.

Alziamoci fratelli,
alziamoci sorelle,
alziamoci figli e figlie della terra,
alziamoci e andiamo a lottare,
per ogni Mapuche morto
milles se levantan.

SULL’OPERAZIONE “CI RIPROVO”

Riceviamo e diffondiamo:

Poco dopo le 2 di notte del 13 maggio 2020 scatta a Bologna l’ennesima operazione anti-Anarchica. Anche questa volta si contesta un’associazione sovversiva (art. 270bis).
In 7 finiscono in carcere per altr* 5 scattano l’obbigo di dimora a Bologna con rientro notturno; 4 di quest* hanno anche l’obbligo quotidiano di firma.
Lo spazio anarchico di documentazione “il Tribolo” e svariate case vengono perquisite da
200 tra Carabinieri e agenti del ROS.

L’inchiesta, firmata dal Pm Dambruoso, parte a seguito dell’incendio di un ripetitore di telecomunicazioni accompagnato dalla scritta “spegnere le antenne risvegliare le coscienze solidali con gli anarchici detenuti e sorvegliati” avvenuto sui colli bolognesi nel dicembre 2018, ma rimane abbandonata in un cassetto della procura dal luglio 2019 fino a maggio 2020.

Il perché ciò avvenga gli inquirenti lo ammettono senza pudore: in epoca in cui le carceri bruciano occorre che lo stato si sbarazzi di chi ha sempre manifestato il proprio appoggio ai detenuti in lotta. Non solo a parole. E occorre farlo perché coi tempi che verranno è meglio mettere le mani avanti. Arrestare preventivamente.

Così, per il d.a.p., le rivolte nelle carceri – in cui solamente in Italia, sono morti 14 detenuti- sono il frutto dell’ “istigazione anarco-insurrezionalista” o in alternativa “opera della mafia” ma non certo delle condizioni invivibili in cui versa chi è rinchiuso.

Per i carabinieri ed i loro “firma-carte”, le mobilitazioni che hanno portato parenti e solidali sotto le carceri durante il lockdown non sarebbero altro che una “strumentalizzazione anarchica volta a compiere reati”. L’esistenza di cuori decisi a frantumare la coltre d’indifferenza dietro cui, solo nel carcere bolognese della Dozza, 2 prigionieri sono morti di coronavirus è per un servo dello stato un opzione incontemplabile.

Non sono le ingiustizie e le disuguaglianze di una società basata sulla sopraffazione a generare lotte e ribellione, ma l’opera del prosiletismo di qualche blog.

Sotto accusa nell’operazione dei Ros sono apertamente le idee antiautoritarie, la difesa delle pratiche d’attacco, l’appoggio ai prigionieri anarchici, la non dissociazione dalla violenza rivoluzionaria, il partecipare a cortei, il redigere manifesti, lo stampare fogli murari, ma anche paradossalmente la volontà di evitare che un corteo di cui si è parte venga caricato, così come lo sbattersi a trovare una casa in cui dei compagni possano scontare gli arresti domiciliari, il frequentarsi o l’abitare assieme.

Accertare le responsabilità indiviudali diventa per i carabinieri superfluo e lo dicono apertamente.
Partecipano a cortei in cui vengono danneggiati i bancomat di una banca che è proprietaria della struttura che avrebbe dovuto ospitare il cpr di Modena. Non è rilevante accertare se abbiano preso parte al danneggiamento, sono individui che avversano queste strutture ma c’è di più qualcuno avrebbe addiruttura detto di preferire l’azione diretta alla mera testimonianza e infatti acquistavano torce da stadio.

In questo accrocchio nel quale solo i carabinieri possono ritrovarsi, ci pare che ogni ragionamento logico sia fuoriluogo….
E’ chiaro, tuttavia, l’intento di colpire le lotte e la solidarietà. Non lasciarglielo fare sta a tutt* e a ciascuno.

COMPLICI E SOLIDALI CON ELENA, DUCCIO, NICOLE, ZIPEPPE, STEFI, GUIDO E LEO anarchic* e solidal*

Il nemico interno/4

Condividiamo un articolo di Alexik su Carmilla

Finalmente è arrivata la fase due, e come promesso appaiono i primi timidi segnali di ritorno alla normalità.
Nella classifica dei ‘nemici pubblici della nazione’ cominciano a scendere verso il fondo della graduatoria i frequentatori di spiagge e giardinetti, gli appassionati di jogging e quelli che portano a spasso il cane, categorie che hanno calamitato negli ultimi due mesi gran parte dell’odio sociale e dell’arbitrio poliziesco.

Al loro posto in compenso ritorna in pole position un evergreen: gli anarchici sovversivi.
Una scelta che sa di tradizione, di un ritorno ai classici ed alle vecchie abitudini consolidate.
E questo non solo in tema di montature contro gli anarchici, di cui la storia offre esempi a piene mani, da Sole e Baleno a Valpreda, e ancor più a ritroso fino a  Sacco e Vanzetti.
Ma anche per la riedizione aggiornata del vecchio arnese dei reati associativi e dello spauracchio del terrorismo.
Che è un po’ come dire:

È vero, abbiamo prodotto innovazioni impensabili fino a pochi mesi fa.
A colpi di decreto abbiamo costretto metà del paese agli arresti domiciliari e l’altra metà al lavoro forzato.
Abbiamo trasformato le italiche strade in un’immensa fiera dello sbirro dove, in assenza di testimoni, ogni abuso è diventato lecito .
Abbiamo istigato milioni di persone (per la verità già predisposte) alla delazione, all’odio e all’aggressione contro il “folk devil” di turno, nascosto nei panni di ogni ignaro passante, potenziale untore in base alla mera appartenenza al genere umano.
Abbiamo sviluppato sistemi di tracciamento che permetteranno di immagazzinare su server gestiti da noi, o dai nostri appaltatori, i dati decriptabili sulle persone che ogni singolo abitante della penisola incontra durante il giorno. Sistemi che verranno accolti col plauso del Belpaese in nome della sicurezza sanitaria.
Abbiamo sospeso il diritto di sciopero.
Abbiamo ostacolato e represso con nuovi efficaci strumenti ogni forma di protesta di piazza, proibito ogni riunione in luogo pubblico o privato che potesse agevolarne l’organizzazione, additando le trasgressioni come un pericolo per la salute pubblica.

E lo abbiamo fatto [Geniale!] sventolando a giustificazione i dati sui morti che noi stessi abbiamo prodotto, dopo aver tagliato per 30 anni la sanità, dopo aver trasformato gli ospedali e le case di riposo in epicentri di contagio, e costretto milioni di persone ad assembrarsi ogni giorno sui luoghi di lavoro e di trasporto al lavoro.

In linea con quanto succedeva nel resto del mondo, abbiamo approfittato di una terribile epidemia per trasformare la penisola in un immenso esperimento di controllo sociale, dei cui risultati godremo in maniera permanente.
Ma non pensiate che  tutto questo abbia soppiantato l’eredità teorica e pratica, la varietà dei dispositivi e la ricca strumentazione giuridica accumulata durante secoli di sviluppo del potere poliziale1.

L’innovazione avveniristica che ha impresso in questi mesi un enorme salto di qualità alle tecniche di controllo e pacificazione2 si evolve sostenuta da solide e profonde radici, capaci di trarre ancora nutrimento dal positivismo giuridico, dal codice penale fascista e dalle stratificazioni di legislazioni emergenziali che si sono susseguite fino ad oggi dagli anni ’70 in poi.
Nessuno degli strumenti utilizzati nel corso della storia dai poteri costituiti, al fine di piegare individui, gruppi e popolazioni riottose, viene mai accantonato.
Ed è così che viene rispolverato dal cassetto, come un vecchio attrezzo ormai consunto dall’uso, l’art. 270bis del codice penale, il reato di  associazione sovversiva con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, nel tentativo di accollarlo a sette anarchic* di Bologna, arrestati il 14 maggio scorso e deportati in varie carceri italiane in regime di alta sicurezza. Altr* cinque, accusat* di reati minori, vengono attualmente sottopost* all’obbligo di dimora.

Pillole di storia

Evoluzione del fascistissimo art. 270 ereditato dal codice Rocco, che punisce l’associazione sovversiva semplice, l’art. 270bis entra a far parte della famiglia dei reati associativi grazie alla Legge Cossiga del 1980, col fine specifico di colpire i  movimenti di lotta.
Viene usato per la prima volta (retroattivamente) nel processo 7 aprile contro l’Autonomia Operaia3, e poi in maniera intensiva per buona parte degli anni ’80.
Nel 1998 serve a condurre al suicidio Sole e Baleno, e a portare in giudizio Silvano Pellissero, nel primo processo contro l’opposizione al TAV in Val di Susa4.
Lo ritroviamo in seguito nel processo “sud ribelle” per le manifestazioni contro il Global Forum ed il G8 di Napoli e Genova del 2001, ed è utilizzato ancora contro i No Tav nel 2012, e numerose volte contro gli anarchici.

La duttilità dello strumento in mano alle Procure sta nel fatto che, per trovarselo sul gobbo, non occorre la presenza di armi, o la formazione di un gruppo clandestino, e neppure la realizzazione di atti effettivamente idonei a terrorizzare alcuno, o di tale portata da sovvertire realmente l’ordine costituito.
Perché “gli atti concreti non sono importanti, ciò che conta è individuare il fine ultimo, quindi stabilire nessi logici, interpretare la personalità e le convinzioni delle persone sospette, sì da rinvenire la “fattispecie terroristica5.
Il 270bis agevola la moltiplicazione di teoremi giudiziari fondati su congetture contorte che trasformano insiemi di fatti spesso leciti, o di illeciti lievi, in gravissime ipotesi di reato, fondando castelli accusatori sulla base della personalità e del credo politico del ‘reo’, valutando quindi “non l’offensività del fatto, ma la “nemicità” di chi l’ha commesso. Si può parlare a tal proposito anche di “diritto penale d’autore”, nel senso che più del fatto conta l’autore e il ruolo che il suo livello di politicizzazione ha giocato nella commissione del reato6.
All’interno dei teoremi assurgono al rango di fatti criminosi le pratiche normali dei movimenti, come descrive questo compagno di Bologna, inquisito nell’inchiesta Mastelloni del 1985/86:

Siamo accusati, io ed altri 33, di aver fatto cose che mai nessuno avrebbe pensato potessero essere dei reati o segni di reati; come l’aver partecipato a manifestazioni o conferenze, o l’aver avuto parte organizzativa in riviste, radio locali o cooperative di movimento. Sembra che gli inquirenti abbiano passato mesi a spiarci (spendendo non poco denaro in nastri magnetici e in carta da rapporti) per scoprire cose che tutti sapevano e che nessuno si sarebbe mai sognato di nascondere7.

Date simili premesse, capita spesso che le costruzioni accusatorie cadano come castelli di carta, o si ridimensionino fortemente.
Succede nel 2002 a Silvano Pellissero, con una condanna che esclude il terrorismo, e che prevede una pena più breve della carcerazione cautelare già subita. Succede agli imputati del processo “sud ribelle”,  iniziato con venti arresti nel 2002 e concluso con le assoluzioni definitive del 2012. Succede ai No Tav, quando cade l’accusa di terrorismo nel “processo del compressore”, e spesso succede agli anarchici:

le indagini aperte negli ultimi anni per associazione sovversiva ai danni di anarchici sono spesso cadute alla prova del processo: l’inchiesta “Ixodidae” di Trento ha portato ad un’assoluzione piena già in primo grado, l’operazione “Ardire” di Perugia è stata bocciata in sede di udienza preliminare con un “non luogo a procedere”, l’accusa di 270 bis nell’ambito del processo “Brushwood”, partito a Terni, non ha retto in appello, anche l’operazione “Mangiafuoco” a Bologna si è conclusa con un niente di fatto, infine nel 2012 sono stati assolti dal 270 bis anche 19 anarchici fiorentini gravitanti intorno a Villa Panico e Asilo Occupato8.

Ma allora perchè Procure e Tribunali si ostinano a utilizzare il 270bis, se i risultati finali sono così fallimentari?
In realtà il vecchio attrezzo, grazie al riferimento al terrorismo, permette di ampliare a dismisura gli strumenti di indagine a disposizione delle Procure, in termini di intercettazioni, pedinamenti, perquisizioni e, per il futuro prossimo, utilizzo dei Trojan di Stato.
L’ampiezza delle possibilità di indagine e della loro durata permette, come afferma Xenia Chiaramonte in riferimento alle inchieste sui No Tav, la “formazione di un sapere sul movimento, propedeutico oltre che al controllo preventivo anche alle dinamiche che porteranno ad altri e diversi processi9
Il fatto che spesso non si arrivi a delle condanne viene compensato dalla possibilità di infliggere lunghe custodie cautelari in carcere (ossia l’incarceramento dell’imputato prima della sentenza definitiva), fatto che costituisce la regola e non l’extrema ratio come avviene per i reati comuni e può avere durata molto lunga (fino a 6 anni)10.
I reati che si richiamano al terrorismo offrono enormi possibilità di criminalizzazione mediatica, che sempre precede e accompagna questo tipo di inchieste, provocando danni duraturi sulle persone coinvolte al di là di ogni possibile assoluzione, seminando diffidenza e allontanamento della gente nei confronti dei loro gruppi e movimenti di appartenenza.
Infine questo tipo di accuse impegnano necessariamente le energie dei movimenti e dei gruppi nel contrasto alla criminalizzazione mediatica e giudiziaria, energie che vengono sottratte in questo modo alle lotte sociali, e tolgono gli arrestati dal vivo dell’attività politica per mesi o anni.

Pillole di attualità

Il 13 maggio a Bologna sette compagni e compagne del circolo anarchico “Il Tribolo” sono stati arrestat* e altr* cinque sottopost* ad obbligo di dimora con l’accusa abnorme di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.
Si tratta di compagni e compagne che si sono distint* nella solidarietà e nel sostegno ai detenuti, pienamente intern* al movimento anticarcerario trasversale che ha ricominciato ad esprimersi negli ultimi mesi nei presidi sotto il carcere Dozza e nelle iniziative in città.
Tutta l’operazione contro di loro assume caratteristiche di abnormità: dai pedinamenti con i droni (perché, con la caccia ai runners in via di esaurimento, in qualche modo bisognerà pure utilizzarli), all’irruzione nelle case dei ROS in tenuta antisommossa, con caschi e scudi (una tenuta da ordine pubblico, mai usata, che io sappia, per perquisizioni e arresti).
Abnormi i trasferimenti nelle sezioni di alta sicurezza di Piacenza, Alessandria, Ferrara, Vigevano.
Abnormi al confronto dell’unico reato specifico contestato: il danneggiamento di un ponte radio, la cui attribuzione ovviamente è tutta da dimostrare, ma che ricorda, tristemente, montature di altri tempi in Val di Susa.
Ma è soprattutto il  comunicato stampa della Procura  che assume il ruolo di un documento politico, quando afferma il carattere preventivo dell’intervento “volto ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare descritta situazione emergenziale, possano insediarsi altri momenti di più generale “campagna di lotta antistato”.
Un documento politico che contesta agli indagati la loro opposizione ai centri per la deportazione forzata dei migranti (CPR) ed il sostegno alle campagne anticarcerarie, considerando come fatti eversivi l’organizzazione di manifestazioni non preavvisate, le scritte sui muri, la realizzazione e diffusione di opuscoli, articoli e volantini.
Pratiche consuete e diffuse di tutti movimenti di lotta,  da chi difende i territori dalle devastazioni ambientali, a chi si muove per affermare il diritto alla casa, al reddito, agli spazi sociali, alla dignità del lavoro.
Pratiche che ci appartengono, come ci appartengono quest* compagn*, che vanno  difes*, sostenut*, liberat*.


  1. Il termine è usato nell’accezione di M. Neocleous che definisce come ‘poliziale’ una vasta gamma di poteri aventi come funzione la fabbricazione  coercitiva dell’ordine sociale. 
  2. Il termine ‘pacificazione’ è usato nell’accezione di M. Neocleous, nel senso di ridurre con vari mezzi una popolazione conflittuale ad una sottomissione pacifica. 
  3. Per approfondire: Dario Fiorentino, Xenia Chiaramonte, Il caso 7 aprile. Il processo politico dall’Autonomia Operaia ai No Tav, Mimesis, 2019, pp.52/64. 
  4. Tobia Imperato, Le scarpe dei suicidi . Baleno Sole e Silvano e gli altri, Autoproduzioni Fenin!, Torino 2003, p. 193. 
  5. Luther Blisset Project, Nemici dello Stato. Criminali, “mostri” e leggi speciali nella società di controllo, capitolo 2. 
  6. Prison Break Project, Costruire evasioni. Sguardi e saperi contro il diritto penale del nemico, Edizioni Bepress, 2017, p.109. 
  7. Dalla guerriglia semiotica al carcere speciale, in “Senza censura”, aprile-maggio 1986. 
  8. Prison Break Project, op. cit, p. 133. 
  9. Xenia Chiaramonte, Governare il conflitto. La criminalizzazione del movimento No Tav, Meltemi, 2019. 
  10. Prison Break Project, op. cit, p. 108. 

Chi lotta non è mai solx

(Chiunque voglia rendere visibile e testimoniare la propria solidarietà può inviare una mail a soscarcere at autistici.org i contributi saranno raccolti in questa pagina.)
 

CHI LOTTA NON È MAI SOLX!

Elena, Leo, Zipeppe, Stefi, Nicole, Guido e Duccio liberx subito! 

Complici e solidali con tuttx i compagnx colpiti dalla repressione!

 


Riceviamo e condividiamo un contributo audio.




Riceviamo e diffondiamo:

Nelle strade ci “ritroverete”
Sempre al fianco di chi lotta /si ribella

Nel tardo pomeriggio del 14 maggio, a Bologna, un corteo di circa un centinaio di persone si è mosso per il quartiere della Bolognina per portare in strada messaggi in solidarietà alle/i compagne/i anarchiche/ci arrestate la notte del 13, attraverso interventi al
megafono, cori, volantinaggi e striscioni. Dopo ormai diversi mesi di isolamento da emergenza coronavirus, la presenza solidale in strada di ieri è la dimostrazione che una simile inchiesta dei Ros, per quanto ridicolosamente abbozzata, che ha portato alla carcerazione dei/delle compagni/e e all’applicazione di ulteriori misure repressive per altre/i compagne/i, non riesce a fermare la solidarietà con chi si ribella allo stato delle cose. Nè tantomeno, le lotte in ogni tempo di chi si difende contro chi controlla le nostre vite, contro lo sfruttamento a spese della salute altrui, contro ogni infame galera.

LIBERTÀ PER: ELENA, NICOLE, STEFI, 
DUCCIO, GUIDO, LEO E ZIPEPPE!
VI RIVOGLIAMO SUBITO TRA NOI!



Radio Ondarossa – In collegamento telefonico con un compagno da Bologna parliamo dell’operazione “Ritrovo” a carico di compagni e compagne impegnati/e nella lotta contro le carceri e i centri di detenzione amministrativa.

https://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/2020/05/bologna-solidarieta-che-spaventa-procura


Con rabbia e con amore,
nostra linfa per lottare ora e sempre.
LIBERE TUTTI SUBITO
Da Firenze


Comunicato della rete di iniziativa anticarceraria


Riceviamo e diffondiamo:

Solidarietà dall’Assemblea no CPR no Frontiere di Trieste

POTREBBE COLPIRE CHIUNQUE: AGIRE DIVENTA AUTODIFESA
Solidarietà e cassa resistenza

Mercoledì 13 maggio l’operazione “Ritrovo”, coordinata dalla procura di Bologna, ha incriminato diverse persone tra Bologna, Firenze e Milano: 7 di loro sono state arrestate, in custodia cautelare e senza processo; altre 4 hanno ricevuto misure cautelari alternative. Si tratta di compagne e compagni che, come noi, si oppongono a frontiere e CPR e credono che attraverso l’azione si possa creare un mondo solidale, senza più persone oppresse e sfruttate.

Al Tribolo, spazio bolognese preso di mira dall’operazione, ci siamo state anche noi e lì, come in tanti altri luoghi, abbiamo potuto conoscere compagne attive nella lotta ai CPR di altre città.

L’operazione repressiva che ha portato alle misure cautelari, condotta dal Ros (!) e dalla procura antiterrorismo di Bologna (!!) è atroce, di una franchezza inaudita e pericolosa per la libertà di tutte e tutti.

È atroce perché utilizza le leggi antiterrorismo per terrorizzare la società, criminalizzando chiunque tenti di reagire alle ingiustizie. Rappresenta il quinto tentativo in poco più di anno di raggruppare sotto il pesantissimo 270bis CP (associazione con finalità di terrorismo o di
eversione), ormai sventolato con una disinvoltura preoccupante, iniziative, manifestazioni, diffusioni di critiche e azioni. Portare solidarietà e supporto agli/le ultim* con costanza e determinazione è diventata ragione sufficiente per essere accusate di “terrorismo”: ormai
viene accusat* chiunque porti avanti pratiche coerenti di pari passo con
analisi di critica radicale dell’esistente.

Le compagne e i compagni, tra le altre cose, vengono accusat* “di contrastare anche mediante ricorso alla violenza le politiche in materia di immigrazione”, di mettere in atto azioni volte a “contrastare e impedire l’apertura dei Centri Permanenti [?] di Rimpatrio”: ma noi sappiamo bene che chi pratica davvero violenza e terrorismo è chi rinchiude le persone in strutture come i CPR, imprigionate per mesi in attesa della deportazione, ammassate in condizioni intollerabili, spesso picchiate, talvolta lasciate morire o ammazzate.

L’operazione è inoltre spudoratamente franca, tanto che nelle stesse carte compare la ragione dell’operazione: “l’intervento [..] assume una strategica valenza preventiva volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturiti dalla particolare descritta situazione emergenziale possano insediarsi altri momenti di più generale “campagna di lotta antistato […]”. In breve, lo Stato rinchiude coloro che potrebbero partecipare attivamente ad atti di ribellione contro di esso.

E perciò diventa estremamente pericolosa per la libertà di tutte: se basta questo, ci chiediamo, chi saranno le prossime e i prossimi? Approfittando del totalitarismo di fatto creato “per la nostra salute”, lo Stato di diritto si è tolto la mascherina democratica per attaccare apertamente i suoi oppositori politici; la famigerata libertà di espressione e di opposizione con la quale, fino a ieri, si è riempito la bocca, viene messa da parte senza fatica. Se non reagiamo, ciò che è successo ieri potrebbe rappresentare uno spaccato dei prossimi tempi; potrebbe risuccedere a chi deciderà di scendere in strada per opporsi
alle ingiustizie, per non far pagare la crisi che verrà alle fasce più povere o per creare legami solidali.

Esprimiamo solidarietà e calore alle compagne e ai compagni, repress* per aver lottato senza delega e mediazioni contro le istituzioni e le strutture dello sfruttamento e dell’oppressione.

Elena, Leo, Zipeppe, Stefi, Nicole, Guido, Duccio, Martino, Otta,
Angelo, Emma, Tommi liber* subito!!!

Stiamo raccogliendo in una cassa comune contributi da inviare per le spese legali cui dovranno far fronte le persone coinvolte in quest’ultima operazione: chiunque voglia e possa contribuire ci contatti sulla pagina facebook “no cpr e no frontiere – fvg”!


“Le persone immigrate rinchiuse nella tendopoli di San Ferdinando hanno mandato questo” Solidarietà da Campagne in lotta e da Comitato Lavoratori delle campagne



Foto da La Vampa, casa femminista occupata a Napoli

Ciao, un messaggio, una canzone e un abbraccio solidale dalla Vampa, casa femminista occupata di Napoli.

Si alza il nostro grido di rabbia e libertà per le compagne e i compagni imprigionate/i.

Sentiamo ancora l’eco delle rivolte delle carceri di questi mesi: a Napoli si cantava “Sarò con te, e tu non devi mollare, abbiamo un sogno nel cuore, sarà per tutte evasione”. Due mesi dopo, il 13 maggio, ancora una volta, nel cuore della notte i  Servi dello stato sono andati a prendersi dei compagni e delle compagne, usando ogni singolo volantino e ogni singola scritta su muri di solito silenziosi per inventarsi che sono loro a spargere terrore. Adesso sette di queste/i compagne/i sono in carcere e altre/i cinque sono costrette/i a non allontanarsi mai da Bologna, una città che si vuole pacificata ma dove per fortuna in tante e tanti continuano a non arrendersi e lottare.

Le sezioni delle carceri in fiamme negli ultimi mesi devono aver spaventato quelli che hanno il potere, così tanto da giustificare spudoratamente una pesantissima repressione contro chi ha gridato la sua solidarietà dall’esterno. Già dopo le prime rivolte lo Stato parlava di regie occulte, senza riconoscere che questi momenti sono l’espressione della rabbia incontenibile di chi viene sfruttato/a e rinchiuso/a per garantire la sopravvivenza di questo sistema al collasso. Ora i burattini del potere giustificano queste assurde misure cautelari con il pretesto di prevenire tensioni sociali, nell’emergenza che loro stessi hanno creato. Fa paura chi continua a opporsi al sistema nonostante la repressione, chi sceglie di scendere in strada e portare il sostegno alle lotte. Ciò che si punisce “preventivamente”, più che le azioni, è il rifiuto di piegarsi al sistema.

Noi sosteniamo chi si rivolta nelle carceri e continueremo a farlo, soprattutto ora che il potere ha svelato le sue carte rendendo evidente quali sono le esistenze che ritiene inutili e che possono essere sacrificate sull’altare del profitto e del progresso, quelle esistenze fatte di corpi ribelli che non possono e non vogliono essere domati. Guarda caso, sono proprio i legami con queste esistenze a essere puniti, per spezzare la solidarietà che si costruisce nelle lotte fatte insieme.

Contro l’isolamento dello Stato e dei tribunali, rispondiamo con solidarietà e complicità. Antenne, carceri, cpr, frontiere: siamo tutte complici, il nemico è lo stesso.

La stupidità del potere sta nel non avere ancora capito che da ogni nuova frontiera che cercherà di tracciare, da ogni gabbia che cercherà di costruire, da ogni corpo che cercherà di normare e disciplinare, altre lotte straborderanno e si moltiplicheranno, la rabbia e l’amore non invecchiano, ma ricordano e crescono.

Pensano di fermarci rinchiudendoci dentro quelle mura, ma noi da sempre sfidiamo la divisione tra il dentro e il fuori, rompendo l’isolamento che vorrebbero imporre, ora  ancora di più possiamo continuare la lotta insieme.

Tutte Libere, Tuttx Liberx, Tutti Liberi

 


Riceviamo e diffondiamo:
 

Riceviamo e condividiamo:

Pensaci



Riceviamo e diffondiamo dall’Ex Caserma liberata di Bari:

Esprimiamo solidarietà con i/le compagni/e che ancora una volta subiscono la repressione da parte dello Stato attraverso perquisizioni, misure cautelari ed arresti. Il dato più preoccupante è notare come dallo stato di emergenza il cui siamo entrati per il covid è scoppiata la risposta securitaria dello Stato, con grosso restringimento delle libertà individuali e collettive, che son state “consensualmente ” accettate pena denuncia o multa. Sono aumentati i controlli per le strade al posto di fare dei punti d informazione e distribuzione gratuiti di presidi medici base, son aumentati i controlli aerei con ingenti somme di denaro per farli volare e controllarci al posto di dare cibo e reddito alla popolazione costretta in casa. Abbiamo visto come denuncie e fermi vengano fatti ad occhi chiusi, abusando di quel potere attribuito alle divise che si trasforma in mano esecutoria e repressiva dello Stato, che può violare i diritti personali con forza, arrestare e imporre misure cautelative oltre pedinare ed intercettare per accusare infine gli indagati di reati come associazione a delinquere o finalità di terrorismo o eversione dell’ ordine democratico. Lo Stato pensa a punire chi dissente e non abbassa la testa alle condizioni precarie in cui vengono lasciati x sfruttat* , x lavorator* senza porsi nessuna domanda nè sulle condizioni disagiate nè sulle motivazioni che spingono le lotte sociali, sulla rivendicazioni di chi esige e vorebbe una vita degna per tutti e tutte. Invece lo Stato attraverso l’informazione pubblica punta il dito sulla partecipazione a cortei di solidarietà, alla diffusione di materiale informativo o sulle antenne danneggiate e non, per esempio, sui morti che la produzione di armi e bombe provoca nei paesi o dai paesi a cui le vendiamo. Non vogliamo essere chiamati complici e fare finta di niente lasciando anche queste fabbriche inutili aperte durante una situazione di pandemia….la cosa assurda è vedere come ci stanno sempre più facendo accettare la perdita di libertà, tanto da non vedere quanto queste misure cautelative siano di strategica prevenzione, per evitare l’ipotesi che si possano sviluppare tensioni sociali anti Stato data la situazione di emergenza che proprio il governo sta facendo pesare sulla popolazione non dando reddito universale e quindi costringendo chi può a lavorare rischiando e tanto altri a casa.
Il messaggio grave che passa da tutto ciò è che la solidarietà , il sostegno alle lotte e la possibilità di vederla in modo diverso, diffondendo materiale possano essere considerati reati o azioni perseguibili fintanto con l’arresto. Arresti e misure preventive fatti per non ascoltare le problematiche sociali e sedare chi vuole uscire dalla condizione di fame, PUZZANO di un passato dittatoriale e fascista a cui, per nessun motivo, dobbiamo tornare.

Ex caserma liberata Bari



Riceviamo e pubblichiamo:

“Ciao, mandiamo anche in allegato il testo che inorridendo per quanto messo in atto dalla procura di Bologna, abbiamo scritto ieri. Un saluto da Roma.”

*MERDE – CESSI – CHIAVICHE*

Queste sono le parole che abbiamo sentito risuonare in questi ultimi mesi dalle bocche di numerose familiari di persone detenute, riferite per lo più all’operato vigliacco e vendicativo di giudici, magistrati, ministri e viceministri operanti nella sfera della sorveglianza, della repressione, della reclusione. Della “Giustizia”, insomma… che in questo periodo di emergenza-Covid, ha preferito mostrare il pugno di ferro invece di mettere in atto misure adeguate a preservare veramente la vita di chi si trova in carcere.

Oggi, più di sempre, ci uniamo a questo coro.

Oggi, che lo Stato ci strappa, arrestandoli, altri 7 tra compagni e compagne, i nostri cari.

Oggi, che la procura di Bologna rende operativi dei mandati di cattura ideati, ed eseguiti in piena notte, dai Reparti Operativi Speciali dei carabinieri, e impone ad altri/e 5 l’obbligo di dimora a Bologna, rientro notturno e firme quotidiane.

L’inchiesta ripercorre il modus operandi di ormai decine di altre in passato, il ciclico e strumentale utilizzo dell’articolo 270 bis, l’associazione con finalità di terrorismo, che tutto giustifica. Soprattutto i mezzi impiegati, i soldi spesi per farlo, e i tempi d’indagine prolungati.

Questa inchiesta infatti è un po’ datata (sembra prendere avvio nel 2018)… ma una nota della procura ci chiarisce il perché, nonostante la richiesta delle custodie cautelari fosse depositata nei loro uffici già dal luglio 2019, proprio ora viene accordata.

Non è nostra abitudine citare certe fonti, ma questa volta ce la sentiamo, ché questa nota ci suggerisce un paio di considerazioni: 1) […] “/Le evidenze raccolte in questo ultimo periodo, caratterizzato dalle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica del Covid-19, hanno evidenziato l’impegno //degli appartenenti al sodalizio//[…] ad offrire il proprio diretto sostegno alla campagna “anti-carceraria”, accertando la loro partecipazione ai momenti di protesta concretizzatisi in questo centro/” (Bologna).

Come spesso accade, è la generosità – e l’impegno, certo -, delle compagne e dei compagni che viene punita.

Non ci fossero state le rivolte a rivendicare vita e dignità, e le iniziative fuori a sostenerle, la “questione carcere” e le morti, pesanti come macigni che si porta dietro, sarebbero rimaste tombate nel silenzio.

2) […] “/In tale quadro, l’intervento, oltre alla sua natura repressiva per i reati contestati /(ma ciò non dovrebbe avvenire a processo concluso? Cioè una volta eventualmente accertate le responsabilità?)/, assume una strategica valenza preventiva volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare descritta situazione emergenziale //possano insediarsi altri momenti di più generale “campagna di lotta antistato” oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica.///” […]. E la valenza preventiva connaturata a qualsiasi misura cautelare, non dovrebbe riferirsi al pericolo di reiterazione di un qualche reato, un po’ più specifico di un opinabile “istigazione” al limite del “delitto d’opinione”?

Certo, se la custodia cautelare è già considerata come repressione dei reati contestati, è evidente che si può affermare senza problemi che in questo già claustrofobico momento bisogna prevenire, anche tramite la privazione della libertà, l’azione di chiunque si permetta di mettere in discussione la natura e le scelte dello stato (che nel mentre ha mostrato cosa – e chi – è sacrificabile) … come se non fossero esse stesse a provocare la tensione sociale.

Oggi più di sempre possiamo solo dire di essere orgogliose/i di avere delle compagne e dei compagni che anche nei periodi più difficili non rinunciano a battersi per ciò che si ritiene giusto! Contro ciò che risulta inaccettabile! E che sempre più persone arriveranno a comprendere volenti o nolenti, non perché lo dicono gli anarchici, ma perché, come questi tempi hanno reso evidente, lo stato non fa sconti a nessuno.

In quanto alla formula del terrorismo, a onor del vero usata e abusata nel corso del tempo, e sempre spendibile strumentalmente nel teatrino mediatico, non sprechiamo parole.

Ad Elena, Stefi, Nicole, Zi peppe, Guido, Duccio, Leo, rinchiusi nelle varie sezioni penitenziarie di Alta Sicurezza adibite ai sovversivi e alle sovversive; ad Emma, Otta, Martino, Tommi, Angelo, colpiti dalle altre misure restrittive, va tutta la nostra solidarietà, il nostro sostegno, il nostro affetto.

LIBERE SUBITO, LIBERI SUBITO!

*Roma, 13 maggio 2020.*

*NED-PSM*


“Da Atene,
striscione ad Exarcheia, a Mesologgiou, in solidarietà con l’operazione
a Bologna.

Lo striscione dice “solidarietà con i 12 compagn* perseguitati – si usa
dire in greco per comprendere tutte le persone con diverse misure –
dell’operazione “Ritrovo” a Bologna. Lo stato unico terrorista.

Vicino a psm ci sta il MFD che è sbirri fasci assassini.

Saluti!”


Riceviamo e condividiamo dalla Valle del Sillaro:
LIBERTAD PARA TODXS
AHORA


Solidarietà da Parigi


DA BERLINO SOLIDARIETÁ INCONDIZIONATA E MASSIMO SUPPORTO AGLI ANARCHICI E ALLE ANARCHICHE COLPITI/E DALL’OPERAZIONE RITROVO.

Domenica ci siamo riappropriat* di una piazza nel quartiere di Friedrichshain. Per tutto il pomeriggio abbiamo allestito striscioni e banchetti informativi, mettendo a disposizione indirizzi e materiale per poter scrivere e far sentire la nostra vicinanza e solidarietà ai compagnie alle compagne colpiti/e dall‘ operazione Ritrovo. Positiva enumerosa è stata la partecipazione, cosi come sensibile e attento èstato l´interesse dei passanti e degli abitanti del quartiere.

Purtroppo,come da tempo ormai sta accadendo, la repressione della polizia si fasempre più aspra contro ogni forma di manifestazione di dissensopolitico nelle strade. Due ore dopo l’inizio dell’iniziativa, uningente dispiegamento di polizia ha intimato di togliere tutto il materiale politico (libri, opuscoli, striscioni) e di disperdersi. Con una certa ostilità abbiamo cercato di rimanere più a lungo possibile. E´chiaro che queste sono misure mirate solo a limitare lalibertà di espressione e a reprimere ogni tentativo di azione. Non ci lasceremo intimidire e continueremo tutt* insieme ancora più determinati di prima.

L’obiettivo dell’apparato repressivo è la criminalizzazione dei nostri comportamenti. La nostra stessa esistenza sale sul banco degli imputati perché, irriducibili a ogni forma di controllo, ogni nostro respiro si fa tempesta tra le maglie del potere. La nostra vita, lenostre relazioni, i nostri sogni, la dignità con cui pretendiamo divivere sono fiori in questo deserto di paura, sopraffazione esfruttamento che il sistema che difendete ha creato. Chi ha conservato la bellezza negli occhi troverà il modo di riprendere inmano il proprio destino. A noi il compito di difendere con dignità questi fiori di resistenza. Caro stato, cari governi, la vostra inettitudine, l’impoverimento causato dalle vostre logiche diprofitto, la violenza che impregna le vostre galere e le vostrecaserme, l’imprigionamento e lo sfruttamento derivanti dalle vostrepolitiche migratorie razziste, la distruzione sistematica dellanatura in nome dei vostri sporchi interessi, sono sotto gli occhi di tutt* e chi é colpito da tutto ciò in prima persona sa bene dove econtro chi sputare il proprio veleno; non ha bisogno delle nostre “istigazioni”, termine che vi diverte usare per definire lanostra solidarietà. Quello che voi chiamate “imbrattamento” per noi é comunicazione diretta. Quello che voi chiamate “istigazione a delinquere” per noi é condivisione. Quello che voi chiamate “progetto criminoso” per noi si chiama lotta.


Riceviamo e condividiamo:

SOLIDARIETÁ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE COLPITI/E DALL’OPERAZIONE RITROVO. LIBERTA’ x TUTTI E TUTTE!

Un saluto solidale dalla Romagna alle compagne e ai compagni perquisite/i ed arrestate/i nella notte del 13 maggio 2020 e allo spazio anarchico di documentazione “il Tribolo” di Bologna, perquisito da Ros e carabinieri durante l’ennesima operazione anti-anarchica – l’inchiesta “ritrovo” firmata dal Pm Dambruoso.
La montatura (anche mediatica) della procura bolognese ha posto sotto custodia cautelare 12 persone: in 7 sono ora in carcere ed in 5 con l’obbligo di dimora a Bologna con rientro notturno, di cui 4 anche con l’obbligo di firma una volta al giorno.
Alle compagne e ai compagni viene contestata l’ “associazione sovversiva” (il famigerato articolo 270bis) per l’incendio di un’antenna ma soprattutto per le lotte portate avanti negli ultimi mesi di emergenza Covid19. Infatti, l’intero castello giudiziario è talmente chiaro e spudorato che le carte della procura di Bologna parlano da sole: “l’intervento [..] assume una strategica valenza preventiva volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturiti dalla particolare descritta situazione emergenziale possano insediarsi altri momenti di più generale campagna di lotta antistato oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica”.
La procura di Bologna, per farla breve, ha voluto compiere con questo atto veri e propri arresti preventivi – per sua stessa ammissione! – contestando alle compagne e ai compagni momenti di lotta come il sostegno attivo alle proteste e alle rivendicazioni dei detenuti o la concreta opposizione all’incarceramento amministrativo delle persone immigrate all’interno di quei lager che sono i Cpr.
Le carte lo attestano chiaramente: “Le evidenze raccolte in questo ultimo periodo, caratterizzato dalle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica del Covid-19, hanno evidenziato l’impegno degli appartenenti al sodalizio (…) ad offrire il proprio diretto sostegno alla campagna “anti-carceraria”, accertando la loro partecipazione ai momenti di protesta concretizzatisi in questo centro”.
Dunque ad essere messa sotto accusa è, come accaduto altre volte, la solidarietà nei confronti delle persone recluse, impegnate in dure rivolte per il rispetto di diritti seppur minimi; rivolte che sono costate 14 morti ammazzati dallo Stato ed altri detenuti uccisi dal virus. Uno Stato assassino che ancora oggi invece di aprire le porte delle sue infami galere (come hanno fatto perfino paesi considerati dispotici come l’Iran) lascia che il contagio si diffonda all’interno di queste, pronto a sacrificare la vita dei detenuti sull’altare del dio della sicurezza mentre, è ovvio, la sicurezza di non ammalarsi in galera non interessa.
La paura dello Stato e dei suoi lustrascarpe è anche che proteste, rivolte, lotte diventino lo spettro che si aggirerà sui territori quando il post-emergenza sanitaria si trasformerà in emergenza economica. Oggi banche, imprenditori e padroni – anche i più schifosi capitalisti come FCA (ex Fiat) – hanno già incominciato a battere cassa ma la coperta per rimboccare i ricchi lascerà scoperti per l’ennesima volta i meno garantiti, le classi sociali più esposte ad ogni “crisi”, le vite precarie, i poveri e gli sfruttati. Per questo hanno già intrapreso il giro di vite a cominciare dagli anarchici, che da sempre sono i più fastidiosi per chi detiene il potere, per poi continuare contro chiunque è attivo nelle lotte reali: dai lavoratori organizzati che scioperano a chi reclama il salario non corrisposto (vedi le misure cautelari contro gli attivisti bolognesi della campagna “il padrone di merda”); da chi occupa le case sfitte a chi è attivo nello sciopero degli affitti; fino a mandare l’esercito contro chi scende in strada sfidando le restrizioni assurde che continuano a rimanere in piedi mentre tutto il comparto produttivo ed economico è aperto.
Sul banco degli imputati allora non ci sono solo quelle 12 persone ma chiunque, a suo modo, lotta contro questo mondo e il suo modello di organizzazione sociale, politica ed economica.
Se questo significa essere etichettati come sovversivi, ebbene accettiamolo di buon grado: sì, vogliamo sovvertire questo mondo, basato su continue ingiustizie! Vogliamo spezzare sbarre e catene e vogliamo anche che non ci siano più galere e persone chiuse a chiave! Vogliamo non ci siano più né ricchi e nemmeno persone povere! Vogliamo porre fine all’organizzazione capitalista e al dominio dell’autorità sulle nostre vite, sui nostri corpi e sui nostri desideri.
Eccola qua, il vostro “programma criminoso”!

Un caldo abbraccio alle persone arrestate e a quelle con l’obbligo di dimora.

Elena, Leo, Zipeppe, Stefi, Nicole, Guido, Duccio,
Martino, Otta, Angelo, Emma, Tommi liber* subito!!!

Alcuni solidali dalla romagna.

[Nelle foto, striscione di solidarietà apposto su un cavalcavia della tangenziale di Forlì]


Riceviamo e diffondiamo:

“Solidarietà alle/ai compagne/i bolognesi dall’appennino!!!!”


Riceviamo e pubblichiamo!

“Ciao!
Ieri diversi gruppi e sensibilità complici e solidali si sono raccoltx qui a Bologna per sostenere i/le compagne anarchiche colpitx dalla repressione.

Invio una foto che non rende comunque l’idea della partecipazione.

Sperando di vederci tutte e tutti oggi sulle bici per dire ancora e sempre che non accetteremo intimidazioni, un abbraccio!

Una”


Dalla Majella al Gran Sasso!


Da Nuoro


Biciclettata e presidio alla Dozza, Bologna.


Giriamo da Napoli:

Venerdi’ 22 maggio un gruppo di persone ha portato un saluto solidale ai detenuti nel carcere di Poggioreale a Napoli. La volontà dex solidalx era mostrare sostegno ai prigionieri e ribadire complicità con chi lotta dentro e fuori contro un mondo di gabbie. Più tardi uno striscione è stato appeso in città, si è letto uno dei comunicati riguardanti gli arresti di Bologna e in tante e tanti si è urlato il nostro odio per l’autorità e le galere.


Riceviamo e condividiamo:

“Un piccolo pensiero per i/le compagnx dentro”


¡Que quemen todas las jaulas!

Rabbia e solidarietà dall’Andalusia, libertà per tutte/i!


Bologna


Il 13 maggio a Bologna sette anarchic* sono stati portati in carcere e altr* cinque sono stati sottoposti all’obbligo di dimora. L’accusa è quella di aver sabotato delle antenne nel 2018. La Procura di Bologna ha poi messo nero su bianco che gli arresti sono avvenuti, proprio ora, in un’ottica di “strategica valenza preventiva” in merito alle lotte anti-carcerarie, a seguito delle rivolte dei mesi scorsi durante le quali hanno perso la vita 14 prigionieri.

Complici con chi si ribella allo Stato e a ogni forma di autorità e di galera, anche da Pescara pretendiamo l’immediata liberazione di Duccio, Guido, Zip, Elena, Stefania, Nicole e Leo.

 

 

 

 

 

 

 


Ancora solidarietà!

“Saluti da Bolzano Male”


Solidarietà da Parigi!

SOLIDARIETÀ AI/ALLE ARRESTATX IN ITALIA ! L’UNICA SICUREZZA È LA LIBERTÀ!

Nella città di Bologna, in Italia, la fine del confinamento a coinciso, per alcunx, con l’inizio della reclusione. In seguito alla grossa operazione repressiva del 13 maggio, sette compagnx anarchici sono stati arrestatx, e altrx cinque hanno ricevuto l’obbligo di dimora e di firma in commissariato una volta al giorno.
L’accusa è quella di associazione sovversiva con finalità di terrorismo.

Terroristx, perché erano davanti alla prigione di bologna durante la rivolta (marzo 2020), in solidarietà con i prigionieri che, laggiù come dappertutto altrove, si ribellavano per non crepare di covid e di carcere. Terroristx, perché non hanno mai smesso di lottare contro la reclusione, contro le politiche migratorie e contro lo sfruttamento.

Ma noi lo sappiamo bene : in Italia come in Francia, terrorista è lo Stato che lascia morire ile prigionierx nelle carceri e nei CRA (centres de rétention administrative, il corrispettivo dei CPR italiani) durante l’epidemia, che arresta tortura e umilia ogni giorno, con o senza virus, tuttx quellx che non hanno i documenti giusti, che non hanno abbastanza soldi e che decidono di non abbassare la testa.

Solidarietà ai/lle arrestatx di Bologna e a tuttx i/le prigionierx!
Tutti e tutte fuori dalle galere!

Assemblea contro i CRA (regione parigina)
https://abaslescra.noblogs.org/solidarite-avec-les-arrete-e-s-en-italie-lunica-sicurezza-e-la-liberta/


Striscione appeso nella piazza centrale di Tricase nel Salento

TUTTE/I LIBERI!


Operazione ritrovo – liberx tuttx

A poche ore dal corteo di sabato 30 maggio i compagni e le compagne presi in ostaggio dallo Stato nell’operazione ritrovo sono statx tuttx liberatx. Per alcunx è caduta ogni misura cautelare, mentre ad altrx è stata applicata la misura dell’obbligo di dimora e di rientro serale.

L’accusa di essere “un’associazione finalizzata al compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico dello Stato italiano” è caduta per tuttx, a dimostrare come lo spauracchio del terrorismo sia sempre stato un pretesto addotto dalla Procura per fomentare l’opinione pubblica contro gli anarchici e le anarchiche e tentare di spezzare la solidarietà e le convergenze tra le lotte. Se c’è ancora qualcunx persuasx della necessità e della possibilità di una trasformazione sociale globale, meglio sbatterlo in prigione. L’obbiettivo di questa logica totalitaria è che nessun cambiamento deve essere  possibile.
È stata la stessa
Procura ad ammettere la finalità preventiva di tale operazione, con un’attenzione specifica sulle mobilitazioni anti-carcerarie.

Tra la gioia di poter riabbracciare compagne e compagni, vogliamo ribadire che solo la lotta paga.

Quando lo Stato gode di poco consenso la carta della ‘guerra contro il terrorismo’ appare per riguadagnare il ‘prestigio’ perduto, ma la loro prevenzione non fermerà la nostra voglia di libertà e la solidarietà con chi lotta per un mondo migliore.

Rete bolognese di iniziativa anticarceraria
https://oltreilcarcere.noblogs.org/post/2020/06/05/operazione-ritrovo-liberx-tuttx/


Foto del corteo in solidarietà del 30 maggio a Bologna.
Notizia scarcerazione e corteo su Zic
https://www.zic.it/inchiesta-ritrovo-scarcerate-i-le-gli-arrestate-i-centinaia-in-corteo/


Biciclettata e smegafonata di quartiere

Riceviamo e pubblichiamo:

Oggi domenica 3 maggio a Bologna, tra le vie del quartiere Saragozza si è svolta una biciclettata con volantinaggio e megafonata. L’iniziativa era volta a spezzare l’isolamento di chi vive in questa zona nel tentativo di portare una prospettiva alternativa alla gestione dell’emergenza da parte dello Stato e del suo apparato repressivo, attraverso la creazione di rapporti solidali nel quartiere. Nonostante la rapidità dell’azione e degli interventi, a causa del controllo diffuso, abbiamo ricevuto risposte positive e dimostrazioni di interesse e partecipazione da parte di chi ascoltava dalle proprie case.
Qui pdf

PRIMO MAGGIO CONTRO LO SFRUTTAMENTO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

Riceviamo e condividiamo un’iniziativa di quartiere:

Oggi, alla vigilia del primo maggio, una quindicina di compagnx ha attraversato il quartiere Bolognina dal mercato Albani, passando da Piazza dell’Unità, fino alla Pam, facendo interventi al megafono e distribuendo volantini per rompere l’isolamento e la paura.

Uno degli interventi, nello specifico su salute e sfruttamento.

25 APRILE – CASSA DI RISONANZA PER LA LIBERTÀ

25 APRILE 2020

Tutti i contributi arrivati oggi


L ‘8 marzo 2020 rivolte e proteste cominciano a diffondersi in 40 carceri italiane, sedate con le truppe antisommossa.
Da giorni nelle prigioni serpeggia la paura che l’epidemia di coronavirus si diffonda in una situazione dove il sovraffollamento, le condizioni igieniche disastrose, l’assenza di assistenza sanitaria sono già all’ordine del giorno.
Si spera in un provvedimento che serva a svuotare le carceri, per evitare di trasformarle in lazzaretti, a cominciare dai detenuti anziani o malati.
Ma l’unica risposta del governo è la sospensione dei colloqui con i familiari, la sospensione del lavoro esterno, dei permessi premio, delle semi libertà, delle attività interne al carcere dei volontari.
Nel frattempo sia gli agenti di polizia penitenziaria, sia il personale addetto alle infermerie delle prigioni, entra ed esce comunque, e non viene dunque eliminato ogni veicolo di contagio, in un contesto dove le misure di prevenzione rimangono inesistenti.
E’ questo che innesca le proteste: la paura di poter morire in una cella, senza assistenza, e senza poter nemmeno salutare i propri cari.
Quattordici detenuti muoiono nelle rivolte di Modena, Bologna e Rieti. La versione ufficiale parla di morti per overdose, ancor prima che venga effettuata una qualsiasi autopsia.
Ma oltre ai detenuti morti, ci sono quelli pestati, umiliati, sottoposti a trattamenti punitivi inumani e degradanti.

In questo video raccogliamo le loro voci, rilanciando la parola d’ordine dell’amnistia, come unica soluzione possibile.

Iniziativa organizzata da:
Associazione Bianca Guidetti Serra
Pratello R’Esiste 2020 (BO)
Rete25A (Salento)

Clicca sull’immagine per vedere il video



La mattina del 25 aprile una decina di compagnx ha pedalato in gruppo per le vie della Bolognina, gridando al megafono messaggi di solidarietà con i/le detenutx e contro lo Stato di polizia che si respira nelle strade. Diverse persone, dalle finestre (e dalla strada), hanno risposto in modo solidale.

Nel frattempo, altre persone si sono spontaneamente mosse verso piazza dell’Unità e altri punti della Bolognina, a dimostrazione di quanto violare le misure restrittive sia diventata una necessità di moltx.

Dopo quasi due mesi di stato di emergenza, è evidente ormai a tuttx che il controllo sbirresco non ha nulla a che vedere con la tutela della salute.

NON C’È LIBERAZIONE SENZA LIBERTÀ. LA VERA PANDEMIA È LO STATO DI POLIZIA.

Riportiamo qui sotto un intervento che è stato fatto in Piazza dell’Unità.

Questo volantino insieme ad un altro (con i detenuti in rivolta, amnistia, indulto libertà! Chi lotta non è mai solx!), sono stati sparsi stamani per le vie della Bolognina.

Questi sono alcuni dei messaggi gridati al megafono:

“Usciamo di casa!
La polizia uccide!
Solo tornando in strada,
potremo riprenderci la libertà!”

“Usciamo di casa!
C’è chi una casa non ce l’ha
C’è chi muore di carcere
Non c’è liberazione senza libertà!”

“Usciamo di casa!
Salute non è stato di polizia,
salute non è aumento del PIL,
libertà per tuttx o salute per nessunx!”



“Ciao,
siamo solidali con i carcerati.

Il nostro contributo per la Liberazione antifascista, antirazzista, antinazzista, è un brano che parla della Liberazione delle schiave di tratta.

Allego il link”

https://www.youtube.com/watch?v=X5doC_KqZFw

Buona Liberazione a tutt*”


“In via delle moline qualcunx ha espresso solidarietà ai/alle detenutx in lotta e esplicitato che non c’è liberazione senza libertà.”


“Una playlist resistente per tuttx i detenuti e le detenute nel giorno della Liberazione da una compagna.”

Mix-resistente-mademoiselle


Ci riferiscono in quartiere San Donato fuochi d’artificio e scritta “Libertà per tutti” in strada. Pare ci sia stata solidarietà dalle persone affacciatesi dai balconi.