Adesione all’appello per una convergenza cittadina e regionale dei percorsi di lotta.

Come rete anticarceraria aderiamo all’appello per una convergenza cittadina e regionale dei percorsi di lotta che vede insieme sindacalismo di base e realtà sociali. 
 
Il corteo regionale è previsto sabato 20 maggio 2020 alle 16:30 in Piazza XX Settembre a Bologna. 
 
Comunicato di adesione (pdf)
 
Crediamo sia importante portare una voce sul carcere perchè quello che succede dietro quelle mura riguarda tutte e tutti.
 
I media ufficiali hanno raccontato le rivolte come momenti di follia, barbarie. Quello che ci è chiaro qui fuori è che quei momenti vanno letti al di là dell’ottica emergenziale, poiché rappresentano l’esplosione di una rabbia più profonda, radicata nella violenza legalizzata che è costretto a vivere sulla sua pelle ogni giorno chi è reclusx in carcere. 
 
Nei teatrini televisivi assistiamo a spettacolarizzazioni mediatiche che attribuiscono alle rivolte una regia occulta, prima la mafia, poi gli anarchici, che si sbattono pure in prigione a scopo preventivo, mentre è il carcere che uccide.
 
In carcere si muore, di carcere si muore, oggi come ieri, oggi piu di ieri. 
 
Alle quattordici morti durante le rivolte, cui è seguito un silenzio assordante, liquidate come morti d’overdose prima ancora di una qualsiasi autopsia, si aggiungono le ventidue per suicidio dall’inizio dell’anno, tre delle quali avvenute in “isolamento sanitario precauzionale”, le morti per covid e tutte le morti di carcere di ogni giorno.
 
Questa pandemia ha portato allo scoperto l’incompatibilità della condizione detentiva con il rispetto del diritto alla salute, non solo per le condizioni igieniche delle carceri, per il sovraffollamento e una sanità assolutamente inadeguata e inesistente già in condizioni normali, ma strutturalmente: il carcere è in sè stesso l’antitesi della salute, della prevenzione e della cura per la violenza e la deprivazione su cui si fonda come istituzione. 
 
Gli infiniti vincoli e procedure che regolano la vita tutta all’interno degli istituti di pena, alla mercé completa della discrezionalità di guardie e direzione, è la prima fonte di deterioramento della popolazione detenuta. Isolamento, solitudine, sradicamento, impossibilità di comunicare. A volte basta un gesto di nervosismo per vedersi impedito un permesso o altri benefici. L‘impatto con l’immobilità del tempo, con la restrizione dello spazio annienta le soggettività che lo attraversano, distrugge corpi e menti, genera handicap, disturbi e malattie psico-somatiche.  
 
Si parla di diritto alla salute ma al carcere è evidentemente riconosciuto il diritto di provocare  malattia, menomazione e anche di uccidere.
 
A proposito di salute, a Bologna, che ha visto due morti per covid, il responsabile di medicina penitenziaria dell’Ausl ha disposto che il personale sanitario interno al carcere non indossasse le mascherine facendo dilagare il virus tra detenutx, guardie e operatorx sanitari, oltre che in altre carceri a causa dei trasferimenti e delle deportazioni punitive, questo perchè l’adozione dei dispositivi sanitari avrebbe rischiato di far crescere nuovamente la tensione tra i prigionieri. A Ferrara, nell’ambito delle accuse ai tre agenti di polizia penitenziaria per reato di tortura, un’infermiera del carcere è imputata per false attestazioni.
 
In carcere la salute si chiama omertà.
 
Gli isitituti di pena si mostrano per quello che sono: macchine sempre più specializzate che zittiscono e neutralizzano le contraddizioni sociali prodotte dal capitalismo, rinchiudendo e castigando i soggetti sociali che queste contraddizioni soffrono sotto forma di molteplici oppressioni.
 
Chiediamoci sempre chi è che quasi sistematicamente finisce in carcere, in una civiltà ultra-capitalista dove la giustizia è quasi sempre nelle mani di chi detiene i maggiori privilegi economici: il carcere è una  prospettiva sempre piu concreta per chi non arriva alla fine del mese, per le fasce oppresse dalla società, le ultime e gli ultimi, per chi lotta, per coloro che risultano meglio inter-cambiabili all’interno di  un’economia nella quale non siamo che bulloni, l’umanità-manovalanza, spendibile, spremibile, rovinabile a buon prezzo e che troppe volte dentro ci finisce e resta perchè non ha i “contatti giusti” o non può permettersi un buon avvocato. Per questo, la questione del carcere, ingranaggio centrale del modello societario imposto e mantenuto, non può che essere una questione di classe che riguarda tutte e tutti noi.
 
Gli agenti indagati con l’accusa di pestaggi e torture nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e Ferrara  balzati alle cronache in questi giorni sono la punta dell’iceberg del sistema che combattiamo!
 
La paura fisica, le botte, la violenza, sono l’aspetto principale della detenzione. Il pestaggio è lo strumento del potere interno, il suo mezzo di controllo.
 
Infatti a fronte delle richieste di indulto, amnistia, salute, dignità e libertà della popolazione detenuta, quello che è arrivato sono trasferimenti punitivi e torture, manganelli sulle braccia, sulle mascelle, sui genitali, persone fatte spogliare e picchiate senza ritegno,  messe in isolamento, costrette a firmare fogli nei quali dichiaravano di essere accidentalmente cadute, trasferite in altri istituti attraverso vere e proprie deportazioni punitive.
 
Il carcere è uno strumento di controllo sociale e negazione centrato sulla violenza, ma ci accorgiamo del male che produce solo in situazioni di emergenza.

E non si tratta solo di sovraffollamento, troppo spesso coloro  che  parlano  di  sovraffollamento  nelle  prigioni sono gli stessi che le hanno riempite fino a farle scoppiare, giocando sulla paura delle persone. Non si tratta di costruire altre prigioni, ma di svuotare quelle già esistenti!

Il Dap invece proprio qualche giorno fa ha fatto sapere che si torna alla normalità, ‘l’emergenza sta rientrando’: Bernando Petralia e Roberto Tartaglia, rispettivamente capo e vice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, hanno firmato il documento che prevede la sospensione della circolare sulle scarcerazioni legate all’emergenza covid. Ma ad oggi, nonostante le rivolte e nonostante gli istituti di pena stiano esplodendo dal punto di vista sanitario e in generale per le condizioni di “vita” al loro interno, sono pochissimx quellx che hanno potuto beneficiare delle misure alternative!
 
Crediamo sia urgente una critica integrale e radicale alle fondamenta della violenza e dell’oppressione di classe, di razza e di genere su cui si appoggiano le nostre società, e con queste tutte le prigioni (che ne sono lo specchio), le frontiere, i centri di detenzione e rimpatrio per migranti, che hanno dimostrato anch’essi, come le carceri, la loro funzione, una macchina del ricatto per gli interessi di pochi, che ammette che ci siano vite che valgono meno, sacrificabili.
 
Siamo qui per riportare il tema delle istituzioni totali alla collettività.
 
Sentiamo il bisogno di sottolineare l’importanza della solidarietà con chi lotta dentro e fuori le prigioni per rompere il filo spinato dell’omertà che avvolge queste istituzioni, affinchè le richieste di indulto, amnistia e libertà urlate a gran voce da tuttx i reclusi vengano ascoltate!
 
Nella tregua di quest’emergenza sanitaria, ritorniamo in piazza con la consapevolezza che non è come se nulla fosse successo in questi mesi!

Lottare per un mondo oltre il carcere, per la chiusura di tutti i CPR  e la libertà di tutti i reclusi è un passo per la libertà di tutte e tutti noi!

Rete bolognese di iniziativa anticarceraria

 



Il testo della chiamata e il manifesto dell’iniziativa:

https://oltreilcarcere.noblogs.org/post/events/appello-per-una-convergenza-cittadina-e-regionale-dei-percorsi-di-lotta/